Parlare in pubblico senza paura: come superare l’ansia guardando oltre sé stessi.

Come superare la paura di parlare in pubblico cambiando prospettiva: dall’ansia alla connessione, grazie alla forza della generosità.

PSY2WORK, BENESSERE PSICOLOGICO ORGANIZZATIVO

Lorenza Fattori

5/28/20254 min read

La paura di parlare in pubblico genera preoccupazione ed ansia nella maggior parte di noi, anche a chi si trova al vertice. Spesso ciò che rende nervosi è il trovarsi al centro dell’attenzione, stare sotto i riflettori, avere gli occhi puntati addosso. Per questo, quando si sale sul palco, molti evitano inizialmente il contatto visivo con il pubblico. Questa strategia però non è efficace per gestire l’ansia ma, anzi, la peggiora.

Il non trovarsi a proprio agio nel parlare in pubblico non dobbiamo pensare che sia direttamente collegato ad una forma di introversione e timidezza, ma in realtà affonda le radici nella complessa biologia evolutiva umana.

Una reazione antica con radici neurologiche.

Quando un individuo si trova di fronte ad un pubblico, la sensazione di essere osservato, giudicato e sotto i riflettori è una risposta comune. Nell'era preistorica, un gruppo di occhi puntati su un individuo significava spesso una minaccia imminente, la presenza di un predatore. In quei contesti, l'amigdala, il centro di allarme del cervello che ci aiuta a rispondere al pericolo, si attivava istantaneamente, innescando la reazione di "lotta o fuga". Questa risposta fisiologica, con respiro accelerato, rossore, tremore, era vitale per la sopravvivenza.

Oggi, il cervello umano, pur operando in un contesto moderno, non ha ancora completamente riprogrammato questo meccanismo ancestrale e ha trasferito quella paura dell’essere osservati. Un'aula di conferenze, una riunione aziendale o una diretta streaming possono innescare la stessa risposta. L'audience viene percepita inconsciamente come un potenziale "predatore", e la mente spinge a erigere barriere, a nascondersi, a difendersi da un "attacco" inesistente. È un meccanismo di protezione innato, un retaggio del DNA: ci sentiamo esposti, come uomini primitivi alla luce del sole.

La chiave è spostare il focus sugli altri: la generosità come antidoto.

La psicologia moderna offre, però, una via d’uscita da questa trappola neurale. La chiave per disattivare l’amigdala e stemperare la risposta di “lotta e fuga” risiede nella generosità. Studi nel campo delle neuroscienze hanno dimostrato che atti di generosità ed altruismo attivano il nervo vago, noto per il suo ruolo nel calmare il sistema nervoso e nel ridurre lo stress. Nel public speaking, spostare il focus da sé stessi, dalla paura del giudizio o dell’errore, all’intento di aiutare e supportare il pubblico può trasformare radicalmente l’esperienza.

Tecniche e strategie per un Public Speaking empatico ed efficace.

La teoria è sempre molto semplice e facile, ma la pratica tutt’altro. Sentirsi a proprio agio nel parlare in pubblico richiede tanta consapevolezza, ma anche tanta pratica. Spesso anche le persone più empatiche nella loro vita quotidiana faticano a parlare davanti ad un pubblico, proprio perché il loro cervello tende a suggerire: “ora non è il momento di dare, ma di scappare”. Tuttavia, è assolutamente possibile riprogrammare questa risposta. Ecco tre suggerimenti che possono essere di aiuto:

1. Iniziare dalla relazione, non dal contenuto.

L’errore spesso più comune nella preparazione della presentazione è partire dalla tematica e dalle slide. Questo porta a focalizzarsi troppo sui dettagli, costruendo involontariamente un muro tra l’oratore e l’audience. Prima di pensare a cosa dire, si consiglia di iniziare dal pubblico ponendosi alcune domande: chi sarà presente? Con quale background? Che aspettative avranno? Perché sono lì? Di cosa hanno bisogno? Questo sposta l’attenzione dall’oratore all’audience, andando a costruire dei messaggi che siano in grado di rispondere profondamente ai bisogni dell’audience, sia espliciti che impliciti.

2. Riprogramma il cervello prima di iniziare.

Il momento di massima ansia precede di pochissimo il momento in cui si dovrà iniziare a parlare. È in questo istante cruciale in cui si può intervenire attivamente, effettuando una ricalibrazione cognitiva. Per farlo bisogna ripetersi che “questa presentazione non riguarda me, riguarda invece aiutare il pubblico”. Spostare l’attenzione da “come appaio” a “come posso essere utile” è un vero antidoto alla paura del pubblico. Con una pratica costante (di solito avviene dopo 4/6 presentazioni), il cervello inizierà a recepire questo messaggio, portando l’intensità dell’ansia a diminuire.

3. Parla ad una persona per volta.

La maggior parte degli oratori tende a “guardare tutti”, scansionando la sala con lo sguardo. Questo però porta a non connettersi alla fine con nessuno, diventando un approccio impersonale e rafforzando la sensazione di distanza che, paradossalmente, alimenta l’ansia. È’ invece fondamentale ricordare che ogni persona nella stanza ascolta come individuo, cercando dunque di parlare ad una persona alla volta, così ognuno si sentirà come se si stesse parlando solo a lui. Il suggerimento è dunque di mantenere allora un contatto visivo prolungato (uno/ due secondi, il tempo di una frase o di un concetto chiave) con ogni singolo individuo. Poi, si sposterà lo sguardo su un’altra persona per il concetto successivo e così via. È molto più facile (e più efficace) fare una serie di mini-conversazioni individuali piuttosto che parlare a tutti in massa. Prestare poi particolare attenzione alle persone ai margini della sala può essere molto importante, perché coinvolgerle con lo sguardo può aiutare a includere l'intero pubblico.

Inizialmente questi passaggi sembreranno innaturali e difficile, ma mettendo in pratica queste tecniche si avranno già i benefici in termini di diminuzione dell’ansia e miglioramento della performance. La generosità non è solo una virtù morale: è un interruttore neurologico, è uno strumento potente per il benessere psicologico. Applicando questa prospettiva al public speaking, si trasforma un'esperienza potenzialmente ansiogena in un'opportunità di dare, di connettere e di avere un impatto significativo sugli altri. Quando si parla con l’intento di aiutare, insegnare, ispirare o semplicemente condividere, l’ansia lascia spazio alla presenza. Chi parla con generosità è più centrato, più autentico, e, cosa non da poco, anche molto più efficace e risonante.

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